GROSSETO. È morta nella notte di mercoledì 13 gennaio, nella residenza sanitaria di Manciano (Grosseto) in cui era ospite da qualche anno, la partigiana Licia Bianchini vedova Lucchini. Classe 1927, la signora Licia, o meglio la “signorina” Licia come amava farsi chiamare, nata a Montemerano e poi vissuta a Marsiliana, ha tessuto una parte importante della storia di Manciano, indelebile nei ricordi di chi l’ha conosciuta, legata alla Resistenza durante la Seconda guerra mondiale.

Appena sedicenne, la signorina Licia, durante il conflitto bellico del ‘43, aiutò un gruppo di militari capeggiati dai tenenti Luigi Canzanelli (conosciuto come tenente Gino) e Antonio Lucchini, che da Grosseto scelsero Montemerano come base operativa per la propria azione di resistenza. Il tenente Gino le chiese di inviare delle lettere alla famiglia per proprio conto. E fu così che la signorina Licia iniziò a scrivere per i partigiani, inviando di nascosto lettere alle famiglie dei combattenti, per comunicare loro le condizioni di salute dei propri figli, per far sapere loro che andava tutto bene. La signorina Licia rassicurava le mamme a casa che aspettavano notizie senza però svelare dove fossero nascosti e cosa facevano i propri figli combattenti.

Una notte, Licia fu scoperta, fu prelevata in casa da 35 uomini fascisti per essere portata via e picchiata. A quel tempo, durante la guerra del ’43, i partigiani si rifugiavano e nascondevano nelle aperte campagne per combattere i nazifascisti. E fu così che Luigi Canzanelli, il tenente Gino, incontrò tra le colline di Manciano la signorina Licia Bianchini e se ne innamorò.

La signorina Licia, in questi anni, ha sempre portato la sua testimonianza nelle scuole e ha continuato ad essere un modello di resistenza per i giovani. Lascia tre figli Giacomo, Giovanna e Lavinia Lucchini. 


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